Quando finalmente la sostenibilità diventerà un obiettivo condiviso e avremo compiuto grandi passi come specie umana, riducendo i consumi, gli sprechi e l'impatto generale della nostra vita sull'ecosistema, vi spoilero già che toccherà far fronte all’impatto che la nostra morte ha su quello stesso ecosistema.
Sì perché, se la nostra coscienza auspicabilmente troverà posto in un luogo diverso in attesa di fare ritorno, rimane il problema di cosa fare dei nostri corpi mortali.
I cimiteri in molte parti del mondo stanno rapidamente esaurendo i loro spazi, con il consumo di suolo da parte di questi ultimi che sta raggiungendo il limite critico.
Recenti ricerche hanno dimostrato che i cimiteri tradizionali rilasciano lo stesso livello di inquinamento di una discarica urbana. Questo senza considerare le emissioni di CO2 legate alla produzione di lapidi e al consumo di alberi per la fabbricazione delle bare, che richiedono circa 90 chilogrammi di legno per ciascuna bara. E c’è da tenere conto che prendendo sempre più piede la cremazione, l’utilizzo medio di una bara è di circa tre giorni.
Le prime alternative
Un’alternativa affascinante c’è.
Si chiama CAPSULA MUNDI, e la trovo un’idea bellissima ed è tutta MADE IN ITALY.
E visto i tempi, non credo ce ne sia bisogno, ma specifico che non è un adv :)
Quello di CAPSULA MUNDI è un bellissimo progetto che unisce al design una riflessione, che io ovviamente condivido, sul ruolo della morte come passaggio e non come fine, anzi come un’inizio di un percorso di ricongiunzione con la natura.
In pratica hanno ridisegnato il concetto stesso di bara utilizzando materiali ecologici, e simboli di vita, universali, come l’uovo, la posizione fetale e l’albero.
Si tratta di un’urna biodegradabile dove possono essere inserite le ceneri. L’urna viene poi viene richiusa e interrata e viene piantato un albero, che crescerà ‘nutrendosi’ anche dei nostri resti.
La stessa azienda sta sviluppando anche una Capsula per il corpo, che attualmente non è però in commercio perché purtroppo non sarebbe praticabile secondo l’attuale legislazione.
Ma come saranno i cimiteri del futuro?
Questa capsula mi ha fatto venire in mente un documentario, molto piacevole, che avevo guardato tempo fa su Netflix.
Sto parlando di VERSO IL FUTURO. Un episodio è interamente dedicato alla morte. In questa puntata si cerca di immaginare che forma avranno i cimiteri di un futuro lontano.
La riflessione parte non solo dal tema che abbiamo già toccato, dei posti disponibili negli attuali cimiteri, che stanno lentamente esaurendosi, ma anche e soprattutto dal tema dei nostri RESTI DIGITALI, ossia tutte le tracce digitali di noi che rimangono online anche dopo la nostra dipartita.
Si calcola che entro il prossimo secolo ci saranno online tanti profili di persone vive quante di persone morte. Una mole di “rifiuti digitali” che per le tech company, non possono diventare solo una spesa di default, ma ovviamente un’opportunità di guadagno e modello di business.
Riassumendo: grazie alla rapida evoluzione dell’AI, sarà possibile creare un avatar, con la nostra stessa voce e sembianze, addestrato e in grado di riprodurre in parte la nostra coscienza, e ci si potrà interagire. Tramite l’archiviazione dati possibile con il DNA, i nostri resti saranno connesi alla radice di una pianta che sarà insieme l’energia e l’archivio della nostra intera coscienza.
Questa prospettiva, non così fantascientifica, è alla base della serie UPLOAD, su Prime Video. Una sci-fi comedy che racconta di come nel futuro le persone possano uploadare la loro coscienza in una lussuosa vita ultraterrena digitale (che pesa economicamente sulle spalle di chi rimane).
Questa visione suscita in me sentimenti contrastanti che vanno oltre la semplice curiosità o l'ammirazione per l'innovazione tecnologica. Da un lato, c'è una sorta di fascinazione nel pensare che le generazioni future possano interagire in questo modo con figure del passato, immergendosi nelle loro esperienze e nei loro pensieri, aprendo così le porte a una nuova comprensione della storia e della umanità stessa.
Mi pongo però interrogativi sulla nostra capacità di elaborare il concetto di perdita e di accettare la nostra mortalità. Questo scenario sembra offrire l’ennesima occasione per fuggire dalla morte, creando l'illusione che possiamo continuare a esistere in qualche forma al di là della nostra vita fisica, un’illusione che potrebbe distoglierci dall'affrontare la realtà della fine della vita e delle complesse emozioni che essa comporta.
Inoltre, mi preoccupa il rischio che questo tipo di tecnologia possa allontanarci dalla ricerca della verità e dalla nostra evoluzione spirituale, potremmo perdere di vista la ricchezza e la complessità dell'esperienza umana nel suo complesso, che ha valore anche nella morte.
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Piccolo disclaimer
Leggerenza non è e non vuole essere in alcun modo superficialità.
Il rispetto per le singole storie di perdita e di dolore non verrà mai meno.
Questo vuole essere uno spazio aperto di scambio, consapevolezza e curiosità.
Il viaggio è un work in progress.
Se qualcosa non è perfetto, be kind